CORREZ

CORREZ - Édition des lettres internationales adressées à Émile Zola


Lettre de Diva Pieri à Émile Zola du 21 juillet 1899

Auteur(s) : Pieri, Diva

Transcription

Texte de la lettre21 Luglio 99

Signor Zola,

Non si stupisca se una donna si rivolge a Lei per avere un’aiuto materiale. Strano in vero le parrà che io mi rivolga a Lei ; ma quando avrà letta tutta la lettera il suo stupore si cangierà in pietà e il suo cuore grande leale generoso avrà per me commiserazione e mi porterà aiuto. Sono al colmo della disperazione, mi sento avvilita, non ho più la forza di lottare è in mezzo ai più gravi dolori che umana mente possa immaginare ho avuta l’ispirazione di rivolgermi a Lei. Perdoni se mi intratterrò a lungo e dovrò fargli subire tutta una sequela di lagni e di dolori. Sono maritata all’Ing.Pieri, sono madre di un’amore di bimba e fra un mese lo sarò di un’altro. Eppure benché moglie a un’ingegnere mi trovo nella più squallida situazione tanto da non poter provvedere neppure il necessario per il piccolo essere che avrà da nascere. Io a 20 anni e mio marito a 26 ci siamo sposati d’amore e contro la volontà dei genitori di lui. Io ero già orfana quando sposai e mio marito volle subito accasarsi perché mi vedeva agli sgoccioli delle mie piccole risorse. Ci prendemmo senza nessuno dei due riflettesse alle conseguenze del poi. Lui appena laureato tutti e due senza risorse non ci occupammo che del nostro amore ignari della serietà e delle esigenze della vita. E’ infatti dopo due soli mesi io ero gravida e cominciò la vera vita di dolori. Fui costretta a letto quasi tutti i nove mesi, scarsissima di nutrizione, mancante di tutto. Mio marito ritraeva un misero guadagno dai disegni che faceva e ciò non bastava che ai bisogni più urgenti ! È d’allora che cominciarono i debiti e le privazioni, gli stenti e le lagrime, ma in mezzo a tanti dolori, ci sosteneva il nostro reciproco amore e il sorriso del nostro piccino. E sono ora 6 anni che sosteniamo la lotta. Mio marito da Torino ove ebbero principio le nostre angustie trovò un posto a Milano, ma anche allora io ebbi a subire un’aborto per vomito incoercibile e ciò mi prolungò una malattia che mi durò circa un’anno. Ecco come i piccoli guadagni venivano inghiottiti ; medici e medicine. Quando l’avverso destino comincia a perseguitare una famiglia dura fino a ridurla alla disperazione. Così è stato per noi. Mio marito però benché giovane non si è mai scoraggiato e volenteroso ed energico ha iniziato un giornale intitolato il Progresso Ciclistico. Periodico che aveva tutta le prospettive di un buon affare perché unico in Italia. E a quest’ora noi ci saremmo dovuti fare una buona posizione se codesto lavoro non avesse dovuto essere interrotto per mancanza di mezzi e per la mancante parola di un signore che voleva costituirsi socio. Per darle un’idea dell’importanza di tale giornale, se crede gliene spedirò uno legato che costituisce l’intera annata della vita di tale giornale e son certa ne apprezzerebbe i pregi. E’ cosi avanti disdette su disdette, proprio quando credevo di riposare un po’ mi accorgo d’essere incinta e quindi nuove tribolazioni perché io soffro in modo orribile i nove mesi completi ; di più c’è l’allattamento che è cosa faticosa per chi fa il proprio dovere di madre e cura quei piccoli esseri come gioie preziose. E nel marito e nei figli sono riposte ogni mie consolazioni, solo che la provvidenza dovrebbe esserci ancora avversa. Nel mese di gennaio ero a letto quando una chiamata a mio marito quale direttore tecnico di uno stabilimento mi fece intravedere il risollevamento della nostra triste situazione. Noi si sperava si sperava in bene, ma nessuno ebbe l’umanità e la coscienza di avvertire mio marito che il principale dello stabilimento era un individuo matto, leggiero e senza coscienza. Costui è un tipo che tratta gli impiegati come tanti cani, e malvisto da tutto il paese ma nessuno à il coraggio di affrontarlo. Mio marito prese ad occupare il posto e dietro ordine del padrone fece venire giù la famiglia (e dire che questo galantuomo di padrone sapeva il mio stato) e così prendemmo residenza in Vercelli ove ora ci troviamo fra le più grandi angustie. Non erano 15 giorni che quì si era, che mio marito cominciò a sentirsi insultato dal padrone, finché un giorno del mese di Aprile si sentì apostrofare col nome di morto di fame. Mio marito che ha dell’amor proprio si è sentito il sangue salire alla testa, ma ha represso la collera pensando alla famiglia e ha querelato il principale per ingiurie. La causa non ha poi avuto luogo ma prima che venisse all’accomodamento sono trascorsi due mesi. Alla fine percepimmo £ 1000, dico mille fra i due mesi di stipendio a risarcimento dei danni. Però al momento di ritirare tale somma l’avvocato si ritirò £ 200 il Cav.re Lombardi padrone dello stabilimento si ritenne £ 200 (anticipate per il viaggio da Milano a Vercelli e trasloco mobiglia perché noi non si era nel caso di supplire le spese) £ 300 si dovettero pagare a tutti i fornitori al medico e farmacista per i due mesi che non si percepì lo stipendio che era di £200 mensili. Di più dovemmo lasciare la casa che avevamo a prezzo di sole £ 25 mensili mentre dovemmo venire ove atualmente ci troviamo e pagare anticipato due mesi d’affitto per £ 60. Metta poi £ 50 al sarto che mio marito dovette farsi un’abito perchè era indecente e in stabilimento ci voleva un po’ di decoro. Aggiunga poi le stesse di traslocco, più di una settantina di lire per il vitto scarsissimo di tutto questo tempo e tutti i viaggi fatti da mio marito a Torino Milano e Genova per trovare un impiego. Uno solo a Genova ci ha lasciato buone speranze ma sin’ora nulla di nuovo. Abbiamo già messo in vendita alcuni mobili qual’ora si dovesse traslocare a Genova e non trovarsi poi senza un soldo. Insomma tutte queste cose mi hanno indotta con sole £ 35 in casa e finite queste cosa si farà se il destino non ci apre una buona porta? Senza contare poi il mio sgravio sarà proprio fra un 25 giorni quando si avrà consumato l’ultimo soldo. È di più se per il 20 del mese di Agosto non rinnovo il pagamento dell’affitto debbo lasciare la casa cosa farò? Ce è o no da impazzire? Ora tutti e due manchiamo di forza d’animo ; io poi sono annientata. Certe frasi tristi di mio marito mi sconvolgono l’animo, non mi lasciano requie neppure di notte. Ieri seduto su uno sgabello colla bimba sulle ginocchia era di umore assai triste. Coraggio gli dissi io, ed’egli : ... Ah ! Diva Diva ! prevedo giorni tristi e funesti se qualche cosa di buono non viene fuori. Ridire scena di quell’istante non lo potrei. Noi piangevamo e la nostra piccina incosciente della triste situazione si è messa a piangere anche lei. E queste scene ora si ripetono di frequente, anche oggi non si ebbe la voglia di mangiare ma bensì di piangere sulla nostra più triste sventura. Gli ho narrata la mia intera vita per darle una idea del nostro stato. Perché si è rivolta a me lei dirà ? Perché chiedendo a Lei un aiuto e ricevendolo non mi avvilirò perché non riceverò il benefizio comme elemosina. Lei è superiore alle basse volgarità di questo mondo, a cuore per gli infelici e gli piace la giustizia. Ho seguito tutta la fase Dryfus e a Lei si dovrà la riabilitazione e la pace di quella sventurata famiglia. In’oltre sono amantissima de’ suoi romanzi e leggo con vero trasporto Fecondità romanzo che riporta la Tribuna di Roma. Tutto un insieme di cose mi ha suggerito di rivolgermi a Lei, e spero di trovarmi contenta di aver seguita l’ispirazione del mio cuore. Ora vada bene o male mi affido al destino e alla generosità già ben conosciuta dell’animo suo. Avrei potuto con riflessione farle una bella lettera commovente e persuasiva, ma né mi sento la forza né è mio sistema far paroloni. Ho scritto in fretta e in furia alla casaccia come le parole dal cuore mi suggerivano. Le ho cosi dato una lontana e piccola idea delle mie tristi sofferenze. Da questa mia lettera potrà discernere se sono meritevole di compassione e aiuto. Non chiedo somma, ma un piccolo aiuto per provvedere almeno alle robbe che necessitano per il piccino che avrà da nascere. Non dico a mio marito che gli ho scritto per non avvilirlo e perché non so se il risultato di questa mia sarà favorevole. Dei due è meglio che io sola sia a soffrire. Se la fortuna mi assisterà, se otterrò da Lei risposta allora solo cercherò di sollevare mio marito e di togliergli quell’opressione che tanto lo turbano. Lascio ora immaginare a Lei con che ansia ed orgasmo attendo una sua risposta. Sia buono e caritatetevole, pensi alla felicità che potrebbe arrecarmi una sua lettera.com. Il bene che fa Iddio lo ridonderà su Lei e la una buona Signora. Perdoni se le ho arrecato troppa noia e inoltre creda che ciò che ho scritto e detto in parte troppo languidamente da ciò che è il vero nostro stato. Non vivo ora che colla speranza. In’attesa lo saluto e gli chieggo scusa del mio ardire ; mi compatisca.

Obblig.ma

Diva Pieri
P.S. il mio indirizzo _ Corso Carlo Alberto n° 5
Piano ultimo
Vercelli
Provincia di Novara nel Piemonte.

Relations


Ce document n'a pas de relation indiquée avec un autre document du projet.

Citer cette page

Pieri, Diva, Lettre de Diva Pieri à Émile Zola du 21 juillet 1899, 1899-07-21. Édition des lettres internationales adressées à Émile Zola. 
Centre d'Étude sur Zola et le Naturalisme & Institut des textes et manuscrits modernes, CNRS-ENS ; projet EMAN (CNRS-ENS-Sorbonne Nouvelle)..
Consulté le 27/04/2024 sur la plate-forme EMAN : https://eman-archives.org/CorrespondanceZola/items/show/7426

Notice créée par Jean-Sébastien Macke Notice créée le 21/10/2019 Dernière modification le 03/06/2021