La prima di "Conchita" al Dal Verme

Auteur : Cesari, Gaetano

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<em>La prima di "Conchita" al Dal Verme</em>

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Cesari, Gaetano
La prima di "Conchita" al Dal Verme, 1911-10-15.
Emmanuelle Bousquet (Université de Nantes, Amo & ITEM, CNRS-ENS), projet EMAN (Thalim, CNRS-ENS-Sorbonne nouvelle).
Site "Collections de sources génétiques d'opéras"
Consulté le 17/07/2025 sur la plate-forme EMAN : https://eman-archives.org/genetiqueopera/items/show/175

Description & Analyse

Description

Long article détaillé sur la Première de Conchita au théâtre Dal Verme.

Analyse du personnage de Conchita dans le roman "très célèbre" de Pierre Louÿs, La Femme et le pantin et son adaptation dans le livret de l'opéra.

Analyse du style zandonien depuis son dernier ouvrage Il grillo del focolare (références musicales italiennes, la couleur locale). Description détaillée du rapport musique et théâtralité dans les différents actes.

L'article témoigne en outre de la réception positive de l'œuvre et des applaudissements faits au chef d'orchestre Panizza, à Tarquinia Tarquini, au ténor Schiavazzi. Mauvais accueil des seconds rôles.

Transcription du texteChi, avendo letto il notissimo romanzo di Pierre Louys La femme et le pantin, non ricorda la figura della protagonista? E una di quelle immagini femminili che di primo acchito ci sorprendono col suggestivo mistero della sfinge. Scolpita con grande forza di rilievo, onde si cela larvata una certa esagerazione psicopatica, Conchita possiede il fascino dei caratteri robusti ed enigmatici. Non per questo, nel romanzo originale, la sua imagine morale cessa di essere persuasiva. Vi è nel profondo della sua anima il germe di una qualità umana vera ed universale, che, in Conchita, si differenzia ed impera in sé e per sé sola; vi è un grado di perversità che non si spiega coll'egoismo, un desiderio continuato e fattivo del male: la gioia crudele di seminare la sofferenza e vederla crescere. Anche il senso dell'onestà, in ultima analisi, deriva in Conchita da freddo calcolo; non è forse quest'onestà usata come uno strumento di tortura, come un oggetto che si conserva assai più per quello che dona piuttosto che per quello che vale?
Fu Conchita veramente capace d'amore? Francamente, dal romanzo di Pierre Louys non risulta; giacché Conchita, nei momenti drammatici deH'affermazione e della negazione del suo amore per Mateo, simula a soddisfazione di un altro istinto. Infine, la sua condotta indifferentemente facile e vagabonda, dopo che Mateo l'ha posseduta e l'ha abbandonata, costituisce la controprova della abulia affettiva di Conchita: la sua anima sfarfalla capricciosamente, si pasce dell'avventura, si rivela incapace di continuità.
Ora, la maggior difficoltà per chi avesse voluto apprestare uno scenico adattamento del romanzo di Pierre Louys consisteva appunto nel conservare alla protagonista i tratti psicologici del carattere che sono il midollo della personalità di Conchita e ne costituiscono il valore artistico. E segnaliamo questa difficoltà non tanto per necessità di critica quanto per spiegare, attenuare anche, le conseguenze dell'ingrato compito propostosi dai signori Maurizio Vaucaire e Carlo Zangarini, ai quali devesi il libretto dell'opera udita ieri sera per la prima volta al Dal Verme. Anche un posteriore recente adattamento al teatro di prosa, crediamo dettato dallo stesso Louys, pare che non sia riuscito a rendere molto di più né di meglio. Conchita, secondo l'attuale rappresentazione lirica, si trasforma troppo nella... prima donna dell'opera sentimentale contemporanea. I suoi dialoghi con Mateo cominciano bene; l'artificio con cui i librettisti si sforzano di serbare alla protagonista i suoi atteggiamenti originali di fanciulla capricciosa, provocante, sensuale, sono, a lode loro, evidenti; il guaio viene poi. Quei dialoghi terminano, uno solo eccettuato, in altrettanti duetti d'amore, cioè nella solita situazione lirica convenzionale, con danno evidente — e qui sta il male maggiore — della rappresentazione drammaticamente e psicologicamente fedele del personaggio centrale. L'amore di Mateo passi pure; ma l'amore di Conchita, il suo tema sentimentale elevato a perno, ad apoteosi della sua individualità, ci allontanano troppo dal modo con cui fu in origine pensata Conchita e per cui ella ci è apparsa, nel romanzo, vigorosa ed interessante.
Finalmente il libretto non ha potuto fare a meno di accogliere, come azione, gli episodi della relazione di Mateo con Conchita narrati nel romanzo. Ma questi episodi, derivati dallo stesso movente psicologico e quindi diversi fra loro soltanto nelle circostanze di tempo e di luogo, trasportati sulla scena dovevano inevitabilmente dare luogo a situazioni drammatiche pressoché identiche, produrre delle cacofonie di struttura. Conseguenza questa inevitabile, ripetiamo, della tela originale, alla quale l'arte provata dei librettisti non avrebbe giovato con ripieghi od espedienti senza arrecarle danno ancora più sensibile.
La musica
Discorrere dell'ingegno musicale del maestro Riccardo Zandonai, della sua vasta preparazione tecnica, del suo sentimento di artistica indipendenza, non è cosa che si faccia senza piacere. Egli è fra coloro, e non sono molti, che non si lasciano

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volta di Conchita beffarda provocatrice di amori, di tafferugli. Nel racconto dell'avventura di viaggio fra Avila e Siviglia e del suo primo incontro con Mateo, il personaggio drammatico di Conchita si precisa in orchestra. La spagnola cede il posto alla donna; ella ha gridi di vendetta angosciosa interrotti da un affannoso saliente muover di sincopi, imagini di palpiti, di desideri destati dal ricordo di Mateo, cavalleresco suo difensore.

Fuggita Conchita dalla Fabrica sulle orme di Mateo, XIntermezzo nella strada, vocale e strumentale, accompagna la passeggiata dei due amanti verso casa. Il pezzo, a sipario calato, ottimo nella prima metà, chiaro e ben costrutto, si dilunga un po' troppo e senza necessità apparente nella seconda parte. Una folata d'aria sana, olezzante, invade l'orchestra che batte insistentemente il ritmo della Seguidilla: l'idea è chiara e caratteristicamente precisa, il musicista dimostra di sapere sviluppare concisamente i suoi pensieri. Peccato che al valore musicale di questo pezzo non corrisponda la sua efficacia teatrale. Dal punto di vista dell'economia del dramma è semplicemente un pezzo inutile.

E siamo giunti in casa di Conchita mentre la madre sua sta biascicando gli Ave del rosario. Gli accompagnamenti strumentali del dialogo fra la madre di Conchita e Mateo si spogliano di qualsiasi dottrina per far posto al solito colore spagnolo. Il tono s'abbassa notevolmente; l'interesse musicale scema. Ma ecco che ad infondere nuova vitalità giunge il duetto fra Mateo e Conchita, il primo dei quattro grandi duetti fra gli stessi due personaggi capitali dell'opera. I librettisti, in questo punto, prendono per mano il musicista. La Conchita selvaggia s'intenerisce? Ebbene, non si perda l'occasione: un duetto d'amore dopo tutto raggiunge sempre un effetto teatralmente sicuro, anche se debba uscire compromessa la figura della protagonista. Entrato in questo ordine d'idee il maestro Zandonai ci ha dato una buona pagina di musica, bene architettata, costruita con perizia se non con molta originalità. L'elemento sentimentale riceve la sua solita razione di note; ma Conchita, la perversa, la capricciosa Conchita si è rincantucciata nelle pagine sensuali di Pierre Louys. Ella rimbalzerà, è vero, con un altro tratto psicologicamente falso, sulla scena, schifata dai boni di banca prodigati da Mateo; ma la linea musicale in questo primo duetto frattanto si è affievolita nel tenerume dei baci giurati; e quel colore — che un musicista di grande logica e di grande originalità ha saputo conservare anche nei momenti più intensivamente drammatici e passionali di Carmen, — quel colore spagnolo che pretende una melodiosità sensuale, un calore intenso di toni irradiante dalla realtà cruda del dramma e dal tipo etnico rappresentato, ha ceduto il posto al linguaggio comune dell'operista dotto.

Nel secondo atto, al “Baile”, lo Zandonai ha ripreso abilmente la dipintura della scena. I clamori elevantisi nel piccolo caffè, mentre la “Jota” marca il suo ritmo sul palcoscenico nel tinnito argentino delle chitarre e l'orchestra fiorisce il tumulto di contrappunti e di disegni, riproducono con efficacia veristica il quadro concepito dallo Zandonai. Fra gli urli concupiscenti della folla, frattanto, Conchita danza. Poi la gente se ne va; e Mateo, che ha appreso come Conchita danzerà ancora, seminuda, davanti ad alcuni privilegiati, vuol spiare dalla finestra gli atti di Conchita. Ma non sa resistere allo spettacolo: fremente, irrompendo dalla finestra nella sala, assale Conchita di fronte. Naturalmente la musica segue l'azione con un incessante succedersi di episodi, in cui fanno capolino i temi musicali dell'amore e della gelosia di Mateo. Attraverso questi episodi lo Zandonai ha novello agio di spaziare nel campo dell'armonia. E, come armonista, egli, senza rivelarci nuovi verbi, si appalesa seguace di modernità espresse con logica schiva da stranezze. Spiegatisi e rappatumatisi, gli amanti arrivano al loro secondo duetto d'amore e ad una delle cose musicalmente migliori dell'opera. Conchita ritrova la corda sentimentale del primo atto. Una nube di serenante romanticismo si diffonde nell'oscuro caffè; le promesse e le speranze s'incrociano novellamente: Conchita è ridivenuta l'amante appassionata del primo atto. Ed anche il maestro spiega tutta la sua abilità, rivela le dolcezze della sua musa, toccanti in questo punto quanto l'invocato bacio di Otello a Desdemona soave.

Il terzo atto si apre con un preludio strumentale in cui si riavvicendano i ritmi pari e dispari, cozzanti, già mentovati. Migliore di questo preludio ci sembra la pittura di Siviglia inondata dai raggi della luna. Alcune melisme di voce lontana, imitanti certe maniere di canto spagnolo, portano una nota realistica nell'atmosfera di sogno. Zandonai ne seppe fare ottimo uso anche nella scena della Fabrica e nel finale dell'opera. Ed ecco Mateo giungere all'appuntamento, accolto da Conchita dietro la cancellata del luogo del convegno, inconscio della nuova e terribile prova preparatagli dall'amante. Il dialogo scorre rapido e concitato, la linea del declamato di Mateo vibra robusta. Conchita, respingendo Mateo, irride alle sue minaccie, folle di gioia nello scherno, deliziata dal furore dell'amante. Naturalmente in questa seconda metà dell'atto il “pathos” drammatico predomina sopra la musica: le sue forme cedono alle vicende incalzanti della scena. Il maestro Zandonai ha lasciato che l'azione si svolgesse senza inciampi di cantillazioni; l'ultimo insulto di Conchita solleva un'orda selvaggia di suoni il cui valore deve quindi essere giudicato in linea subordinata. Qui l'effetto teatrale è raggiunto: Conchita stessa appare nella sua vera luce. È l'atto più avvincente dell'opera.

L'azione volge al termine. Preceduta da una pagina di musica poetica e triste, di quella musica di cui il povero Catalani fu a tutti maestro, il quarto atto ci conduce nella casa di Mateo. Il primo violino ripete il suo canto nobilmente melodico e ci narra lo spasimo dell'anima di Mateo. Quando, inaspettata, dal giardino ecco giungere Conchita, novellamente provocante, canticchiando una “zarzucla”. Finalmente la rivolta sdegnosa di Mateo è completa. Come non infierire contro la sfida ostinata-mente crudele di quella provocatrice sfrontata? Ella cade sotto i suoi colpi, spezzata,
divelta e domata. La commedia è finita. I librettisti e Zandonai possono riprendere il placido duo d'amore e la luna diffondere tranquilla i suoi pallori, senza timore di nefandezze nuove.

Il successo
Il successo fu degno delle eminenti doti intellettuali del maestro, della sua serietà artistica: successo contenuto, sincero, senza esagerazioni. Se al primo atto le tre chiamate agli esecutori e le altre due in cui venne evocato anche il maestro parvero ad una parte del pubblico eccessive, ciò nullameno al secondo atto il consenso del pubblico divenne unanime. Così, dopo avere tributati applausi al tenore Schiavaz-zi dopo l'imprecazione ed alla Tarquini dopo l'invocazione della casetta silenziosa, le chiamate divennero quattro, delle quali due unitamente al compositore ed una, calorosissima, col maestro Panizza. Gli stessi'applausi si ripeterono dopo il terzo e quarto atto, dopo il quale anche i librettisti dovettero presentarsi, a suggello della accoglienza favorevole e spontanea fatta all'opera ed al loro autore.
All'egregio maestro Panizza va riconosciuto il merito di aver posto tutta la sua coscienza, tutto il suo forte ingegno musicale a contributo della nuova opera. Quali e quante difficoltà egli abbia incontrato, malgrado l'elemento di primo ordine che si trova a sua disposizione, sarebbe troppo lungo enumerare. Lo spartito dello Zandonai, così complesso ed irto di ritmi insoliti, di preziosità minuziose, ottenne dalla concertazione del Panizza la necessaria chiarezza, e dalla sua direzione quel vigore che la violenza drammatica dell'azione pretendeva. L'orchestra non ebbe un istante di stanchezza, ed il prof. Nastrucci rese il solo di violino nel preludio del quarto atto veramente da pari suo.
Sul palcoscenico Tarquinia Tarquini e il tenore Schiavazzi sostennero con pari intelligenza ed ardore le faticosissime loro parti. Entrambi corrisposero in modo degno al loro compito: la Tarquini rese il personaggio con tutta l'evidenza possibile; lo Schiavazzi accentuò con il suo modo aperto di canto il tono passionale del personaggio di Mateo, come attore non lasciò nulla a desiderare. La Zizolfi e la Lucca, nelle loro parti assai brevi, fecero del loro meglio. Discrete anche le scene.

Contexte géographiqueItalie

Informations sur le document

Date1911-10-15

GenreDocumentation - Presse

LangueItalien

CoteBCR, SZ 489

Nature du documentjournal

Supportpapier

Contexte géographiqueItalie

Information sur la revue

Titre de la publicationIl Secolo

Information sur l'édition numérique

Contributeur(s)

Bousquet, Emmanuelle (édition scientifique)
Cescotti, Diego (transcription, 1999)

Editeur de la ficheEmmanuelle Bousquet (Université de Nantes, Amo & ITEM, CNRS-ENS), projet EMAN (Thalim, CNRS-ENS-Sorbonne nouvelle)

Mentions légalesFiche : Emmanuelle Bousquet (Université de Nantes, Amo & ITEM, CNRS-ENS), projet EMAN (Thalim, CNRS-ENS-Sorbonne nouvelle). Licence Creative Commons Attribution – Partage à l'Identique 3.0 (CC BY-SA 3.0 FR)

Notice créée par Emmanuelle Bousquet Notice créée le 05/04/2020 Dernière modification le 30/10/2024