"Conchita" del maestro Zandonai al Dal Verme

Auteur(s) : ESSEPÌ

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<em>"Conchita" del maestro Zandonai al Dal Verme</em>

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ESSEPÌ
"Conchita" del maestro Zandonai al Dal Verme, 1911-10-15.
Emmanuelle Bousquet (Université de Nantes, Amo & ITEM, CNRS-ENS), projet EMAN (Thalim, CNRS-ENS-Sorbonne nouvelle).
Site "Collections de sources génétiques d'opéras"
Consulté le 07/05/2025 sur la plate-forme EMAN : https://eman-archives.org/genetiqueopera/items/show/180

Description & Analyse

Description

Long article critique sur la Première de Conchita a Dal Verme. Description détaillée des applaudissements à chaque fin d'acte qui témoigne de l'accueil du public pour la première apparition du compositeur sur la scène milanaise, pour l'orchestre et le chef d'orchestre Panizza ainsi que pour Tarquinia Tarquini dans le rôle de Conchita. Critique sévère du livret et de l'usage du réalisme concernant l'illusion théâtrale. Analyse détaillée de la structure dramaturgique et musicale en particulier dans les duo Conchita-Mateo.

Transcription du texteIl maestro Riccardo Zandonai ha dovuto essere soddisfatto delle accoglienze che il pubblico del Dal Verme, affollatissimo e brillante come accade alle première di grande interesse, fece iersera alla sua Conchita. Non che in quel pubblico magnifico, lusingatore della più acuta ambizione per un giovane artista mancasse l'elemento disposto ad indulgere compiacentemente, esagerando il tono della soddisfazione o magari affermandola quale unica giustificazione della sua presenza - e ciò mi fa ricordare, per la cronaca, il freno imposto a cotesto elemento nella prima parte dello spettacolo dalla maggioranza degli uditori — ma lo Zandonai ha avuto la singoiar fortuna, e dico subito meritata, che la sua prima comparsa innanzi al pubblico di Milano fosse considerata un avvenimento degno di attenzione. Della qual cosa il giovane musicista ha il diritto di compiacersi, perché fa fede ch'egli non è già da confondere con quei nullatenenti dell'arte, dei quali è purtroppo popolata la sempre imperversante miseria musicale in Italia.
La serata è dunque trascorsa lieta. Le manifestazioni di plauso del pubblico si sono infatti determinate in questo modo. Un tentativo di applauso, immantinenti represso, a scena aperta nel l.o quadro del l.o atto; un applauso alla dichiarazione di Mateo nel 3.o quadro dell'atto; quattro chiamate in fine, di cui due all'autore. Un altro applauso alla vibrante apostrofe di Mateo nel duetto del 2.o atto e caldissime unanimi approvazioni, attestanti la piena del consenso, alla successiva invocazione di Conchita alla piccola casa; tre chiamate alla fine, di cui due all'autore. Cinque chiamate alla fine del 3.o atto, delle quali tre all'autore. Vive generali approvazioni, nel preludio del 4.o atto, alfa solo di violino, stupendamente eseguito da Gino Nastruc-ci, ed un applauso alla chiusa del preludio; quattro chiamate alla fine dell'opera e di esse tre all'autore. Dopo il 2.o, 3.0 e 4.o atto fu applaudito alla ribalta anche il maestro Panizza e all'ultima chiamata ad opera finita partecipò altresì Carlo Zangarini.
L'opera del Zandonai venne eseguita con premuroso ardore da tutti, così in palcoscenico che in orchestra. Parvero tutti gli esecutori compresi della importanza del compito, estollentesi da quello, per disgrazia frequente, di collaborare allo sfogo di vanità che pajon persone cui sorride il miraggio di far apparire come che sia un lavoro melodrammatico alla ribalta; né più né meno di chi giuoca una carta. Rendere merito a cotesto sentimento animatore della fatica dei collaboratori del Zandonai equivale ad attestare ed'essi risposero, nella misura delle singole facoltà, al compito assunto.
Il maestro Panizza, che dispone di una orchestra in grado di farsi apprezzare fra gli elementi determinati di un successo, palesò di aver dato, con lodevole senso di fraternità, le sue migliori energie artistiche all'arduo e complesso mandato che la
natura del lavoro reclama, da cui spetti di renderne così la parte sostanziale che la formale. Una rivelazione quanto simpatica altrettanto suadente fu la signorina Tarquinia Tarquini, nuova, credo, alle scene milanesi; perché ella è una Conchita dalla slanciata, elegante e flessuosa figura; perché, senza disporre di una voce molto voluminosa, con uguale facilità la pone a servizio così della melodia tenue e sentimentale che degli scatti di violenza e della declamazione drammatica custodendone la gradevolezza del timbro; perché accenta gradevolmente; perché sostiene, senza dar segno mai di stanchezza, il peso di una parte formidabile anche vocalmente; perché, sopratutto, esprime e della scenica padronanza si avvale a dare vita al personaggio in quel che lo consenta la essenza sua; perché, infine, ha alcunché nella sua fibra che se non è l'eccezione, rasenta la singolarità.
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Presentata in tal modo, la Conchita ha dunque avuto un successo del quale — pure tenendo conto dei coefficienti, dirò così, di contorno e delle inevitabili volute superfetazioni - non sarebbe disconoscibile la serietà.
Il pubblico ha giustamente sentenziato? Del successo, a chi il merito precipuo: dirò meglio il vero merito?
Il maestro Zandonai non ha esitato a musicare quella Conchita cui Giacomo Puccini non volle accostarsi. Fu ardimento grande, pel giovane musicista giacché sulla musicabilità di un simile dramma non soltanto erano lecite delle riserve prima che lo Zandonai vi si accingesse, ma — conviene dirlo schiettamente — esse non hanno perduto di consistenza dopo. Al quale proposito giova osservare che se il romanzo di Pierre Louys, nella necessaria diluizione dei fenomeni psicologici che servirono all'autore per delineare le figure dei due protagonisti con finezza analitica e con intenti ben altrimenti segnalabili di quelli che appaiono dallo psicopatismo in cui tutta si concentra l'essenza del libretto, può interessare anche per la cura dello scrittore nel tener desta l'attenzione dei lettori con tutte le risorse d'una abilità che sa i segreti della penetrazione in un romanzo di anime; non ne consegue che il dramma trovi una cornice rispondente alle sue intrinseche esigenze, nella episodica concentrazione di un breve libretto. Ond'è avvenuto che mentre il romanzo, dove pur eccellono i due protagonisti, presenta quella relativa varietà di situazioni che è uno dei maggiori coefficienti dell'interesse, sul libretto invece incomba una uniformità episodica che si traduce in una organica inferiorità per l'opera del Zandonai. Invano il musicista si è adoprato ad interrompere quella incombente uniformità con rimarchevoli squarci della sua tavolozza sinfonica e con degli indovinati scorci del suo saperla maneggiare ai fini più disparati. La verità è che dei sei quadri della Conchita, tranne due ove ai due protagonisti è dato il sussidio d'un po' di varietà - quello delle sigaraie al l.o atto e quello del café-chantant al secondo - gli altri non soltanto sono alla esclusiva mercé dei due protagonisti, ma si avvicendano nel far loro prendere gli stessi atteggiamenti: nell'obbligarli a manifestar le stesse sensazioni, e pressoché tutte alla stregua di una confusione tipica, opprimente, della volgarità con il realismo: nel far assistere lo spettatore ad episodi che chi ben guardi sono fine a sé stessi e, per maggiore disappunto, sostanzialmente identici.
Il realismo! Non ho posto tra gli schifiltosi: tutt'altro! Penso — domando scusa ai puristi dell'estetica e dell'arte — che il romanticismo, il lirismo, senza una buona dose di verismo non siano da considerar che delle astrazioni. Umanizzare quant'è più possibile l'arte, senza falsi pudori, vuol dire, a mio modestissimo avviso, idealizzarla. Parrà questo un bisticcio: eppure, credo, non lo è. Ma Maurizio Vaucaire e Carlo Zangarini — mel perdonino — hanno svisata, snaturata l'essenza del romanzo di Pierre Louys, hanno all'arte recato un affronto e, specificatamente, hanno reso un cattivo servizio al maestro Zandonai. Il senso d'un verismo che con l'umanità dell'arte nulla ha di comune fu dai librettisti spinto al punto da suscitar l'ilarità del pubblico, proprio in talun momento di dolorante tensione — vedi la l.a scena del l.o atto. Castigo meritato in verità dallo sceneggiatore e dal poeta, nei versi del quale la forma prevalentemente sciatta - forse che egli ricorse ad essa per intonarsi alle situazioni? - non mi ha fatto riconoscere quasi mai le geniali qualità da Carlo Zangarini brillantemente affermate più volte.
Il maestro Zandonai non poteva, avendo tra mano un siffatto libretto, che sentirsi a disagio. E il disagio dell'operista, nella Conchita, risulta lampante. Buon per lui che dalle bricciole lasciategli dalla rapacità dei librettisti egli fu in grado di trarre bastevoli elementi alla dimostrazione delle sue facoltà liriche. Nei duetti — sono tanti in Conchita da costituire dell'opera un continuo duetto — del Lo, del 2.o, dell'ultimo atto, dove è concessa al maestro un po' di tregua dal finfuriare del parossismo che, fra l'altro, riesce all'esagerazione dello stesso più accentuato verismo, lo Zandonai può abbandonarsi per brevi istanti alla estrinsecazione d'intenzioni melodiche di cui è segnalabile il prestigio, non schiettamente personale forse, ma di innegabile genialità. Ivi la tendenza ad assurgere ad un sano lirismo, del quale si prova prepotente il bisogno, in ragion diretta di una privazione desolante, è manifesto. Buon per lo Zandonai che alle spiccate attitudini sinfoniche associa la disinvolta facilità, la conoscenza intima, la coltura ammirevole, la tecnica perizia, una arditezza che, per vari contrassegni, appare cosciente, nel maneggiare l'elemento orchestrale. In tal guisa egli ha offerto saggi di valore, nella parte sinfonica dello spartito, che sono tra le migliori, se non anche le migliori pagine dell'opera. Ricordo, a tal proposito, il 2.o quadro del Lo atto; il preludio del 3.o - del quale però non oserei perdonargli la prima parte a base di certo orribile frun-frun - con una descrizione della notte tutta soffusa di poetiche attrazioni; il preludio del 4.o, in cui se fa solo del violino rappresenta esteticamente un artificio di speciale privativa dei vari Massenet — seconda, terza o quarta maniera che sia — dell'arte, è comunque improntato ad una geniale ispirazione.
Un maestro, per valente che sia, non potrebbe annullare, con la sua musica, i difetti organici del dramma musicato: il suo valore — a valutar il quale occorre perdonargli la infelice scelta del libretto, a patto ch'egli per l'avvenire ne faccia ammenda — non riescirebbe mai a rendere consistente un personaggio come Conchita, che è un po' tutto, femmina da trivio e vergine, lussuriosa e sentimentale, fango e purezza, e per ciò spesso non è nulla; né a rendere simpatico e umanamente tollerabile quel povero Mateo, costretto a trascinar il suo erotismo fino al di là della più grossolana indecenza.
Nullameno, chi ha udito la Conchita senza il preconcetto della lode o della demolizione, ma nella piena libertà delle impressioni, è indotto ad ammettere che lo Zandonai, vagante tutt'ora incerto fra il cozzo delle tendenze, oltre alla solidità musicale indiscutibile, è tempra capace di trovar la sua via. Un curioso contrasto è in lui tra la sagacità e l'equilibrio nella distribuzione degli elementi organici dell'opera e la sproporzione dei mezzi nello sviluppo delle singole sue parti. Se si considera, p. es., il suo sistema tematico, esso è di quella sagacità e di quell'equilibrio un esponente convincentissimo. Invece, volgendo l'attenzione alle singole parti e concentrandola in particolare in quelle dove è predominante la accesa passionalità e la drammaticità, l'equilibrio scompare. A più riprese si ha l'impressione di un artista che si sbizzarrisca a dimostrare l'abbondanza straripante dei mezzi a sua disposizione, accavallandoli l'un l'altro, dilagando, appesantendo non colla sola richiesta agli istrumenti — richiesta ch'egli non risparmia ai cantanti, delle cui voci non esita a far inutile strazio — ma aggravando lo sforzo con combinazioni e superfetazioni armoniche intensamente coloristiche fino all'elefantiasi. Il che non importa la condanna di quella armonica libertà, tanto deprecata dal pedagogismo dogmatico contro cui, per fortuna, sono ormai serrati ed inesorabili i colpi di piccone; ma importa il discernimento perspicuo tra il necessario ed il superfluo, la padronanza della misura e il rispetto alla semplicità, che è dell'arte un pregio inestimabile. In certi momenti si direbbe, udendo l'istrumentale ricco fino alla dovizia e sapiente più che noi consentirebbe l'età artistica di Riccardo Zandonai, che non delle sgualdrine, come nel finale del 1 .o quadro, e non due amanti dei quali l'uno chiede e l'altra nega, ma delle eroine o degli esseri terrificanti si muovano sulla scena e vi parlino un linguaggio ignoto alla comune dei mortali.
Beata esuberanza, però! Essa, attestando la gioventù artistica del Zandonai, è materiata di elementi che, risguardati partitamente, cospirano a favore di lui. Disciplinarli: ecco quello che importa: la disciplina associando alle altre positive facoltà, che lo Zandonai reca nell'arringo ove cominciò ad affermarsi con severità di concetti artistici e nobiltà di aspirazioni, ottenendone risultati complessivamente lusinghieri. Sappia egli valutarne la vera portata! Da questo criterio discrettivo può la sua fortuna artistica trarre non effimero giovamento.
E un augurio? E sia. È così bello e piacevole lo sperare nella rinascita dell'arte sopra ogni altra significativa, da consentire tale augurio, magari con la non ingiustificata trepidanza di una nuova illusione!

Contexte géographiqueMilan (Italie)

Informations sur le document

Date1911-10-15

GenreDocumentation - Presse

LangueItalien

CoteBCR, SZ 489

Nature du documentjournal

Supportpapier

Localisation du documentBiblioteca comunale Tartarotti (Rovereto, Italie)

Contexte géographiqueMilan (Italie)

Information sur la revue

Titre de la publicationLa Sera

Type de publicationjournal

Information sur l'édition numérique

Contributeur(s)

Bousquet, Emmanuelle (édition scientifique)
Cescotti, Diego (transcription, 1999)

Editeur de la ficheEmmanuelle Bousquet (Université de Nantes, Amo & ITEM, CNRS-ENS), projet EMAN (Thalim, CNRS-ENS-Sorbonne nouvelle)

Mentions légalesFiche : Emmanuelle Bousquet (Université de Nantes, Amo & ITEM, CNRS-ENS), projet EMAN (Thalim, CNRS-ENS-Sorbonne nouvelle). Licence Creative Commons Attribution – Partage à l'Identique 3.0 (CC BY-SA 3.0 FR)

Notice créée par Emmanuelle Bousquet Notice créée le 07/04/2020 Dernière modification le 30/10/2024